1950

 

 

 
1955
LE SCUOLE SUPERIORI
 
 
L’inizio del successivo anno scolastico i miei genitori mi iscrissero alla scuola Giorgio Cini, dove anche li esisteva un collegio di Salesiani, la scuola Don Bosco, centro arti e mestieri, scuola molto riconosciuta e rinomata all’epoca perché da li uscivano studenti con un diploma riconosciuto da molti datori di lavoro grazie alla grande qualità degli studi e dalla professionalità con la quale gli studenti uscivano a fine ciclo. Cinque erano i mestieri insegnati nell’istituto, Tipografia, meccanica ed elettromecanica, sartoria e falegnameria.
Ma non era una semplice scuola professionale, l’istituto si distingueva dagli altri per via delle numerose materie insegnate, perció oltre a studiare ed apprendere un mestiere, si conseguiva alla fine del ciclo un diploma come se l’allievo avesse fatto le scuole medie, tant’è vero che alla fine dei corsi era possibile fare un’esame di maturità per entrare all’università.
Io trascorsi in questa scuola ben sette anni uscendo alla fine con un diploma di Perito elettromeccanico, ma non solo: gli ultimi tre anni di scuola, su consiglio di mio padre, mi iscrissi al corso serale di tipografo stampatore, quindi mi ritrovai con due diplomi. Ma il tipografo non lo praticai praticamente mai, « è un‘arte », diceva mio padre, ma a me non piaceva, trovavo quel mestiere troppo « statico », io volevo fare un lavoro dove c’è continuamente da « cercare, innovare, inventare, dare libero corso all’immaginazione e alla fantasia » e se vero è che un tipografo puó dare libero sfogo nelle sue « messe in pagina » lo stampatore deve solo mettere in moto una macchina da stampare e tutto termina li. Quindi la scelta era fatta.
Durante quegli anni di scuola e, già dall’inizio, eravamo molto sollecitati a fare dello sport, visto che gli orari della scuola non erano come negli altri istituti, in effetti noi « esterni » entravamo a scuola alle otto del mattino per uscirne la sera alle venti, il programma giornaliero erano 4 ore in classe la mattina, un’ora e trenta per il pranzo e un po’ di ricreazione, alla 14.00 si andava allo studio fino alle 16, ancora un’ora di ricreazione e dalle 17 alle 20 teoria e pratica del mestiere. Il Sabato la giornata era un po’ più corta perché si usciva alla 16.
Io mi iscrissi all’attività del patinaggio a rotelle, mi piaceva molto e feci anche parte della squadra della scuola, giocavamo a « Hokey » in campionato regionale. Dopo tre anni circa di questa attività sportiva, vincemmo il campionato regionale veneto, era la mia prima soddisfazione ed ero molto fiero di mettere in mostra la medaglia d’oro et la coppa vinti.
 
 
Ma gli anni passavano e con l’avanzare dell’età, le esigenze cambiavano, i divertimenti non erano più gli stessi, la domenica cominciavo ad uscire con gli amici del quartiere, anche se le ore di libertà che mio padre mi lasciava erano poche, cominciavo ad avere altre idee, insomma come si dice cominciavo a sentire il richiamo di una certa indipendenza. Un giorno , insieme ad altri amici di quartiere, ci venne in testa di fare uno scherzo al Sindaco di Venezia in occasione del primo aprile. Dopo varie riunioni e accordi sul modo di procedere passammo all’azione : avevamo deciso nientemeno di (Censured)......e avvertire quindi la satampa locale « Il Gazzettino di Venezia ». Fu cosi che tutto il gruppo, 9 ragazzi, comprammo i (Censured)..., quindi durante la notte ed in silenzio passavamo davanti la porta in questione, (Censured)... andammo quindi a telefonare alla redazione del gazzettino per avvisarli dell’accaduto et aspettando poi la reazione nascosti nelle vicinanze… La reazione non tardo’ molto a venire, perché dopo un po’ di tempo vedemmo arrivare i fotografi, i quali si appostarono aspettando che il sindaco tentasse di uscire di casa. Naturalmente le foto del primo cittadino non mancarono nei giornali ed insieme alla sua le foto dei pompieri che poi dovettero intervenire per sgomberare il tutto. Di questa storia pochi sono a conoscenza, gli unici ad esserlo sono solo i protagonisti e guai a quello che se ne sarebbe vantato. Il nostro era un modo di divertirsi senza fare del male. Quel periodo mi veniva anche la voglia di ribellarmi al sistema scolastico che trovavo troppo severo, sopratutto la voglia di un po’ di libertà in più, la voglia era talmente tanta che un sabato, visto che l’occasione si presento’, decisi di uscire dalla scuola a mezzo giorno invece che alle 16 come tutt i sabati, infatti, grazie ad un professore che mi chiese di portare una lettera molto importante alla posta prima dell’una, ebbi l’autorizzazione di uscire alle 12. Non ci misi molto ad approfittare dell’occasione perché da quel giorno e per 5 settimane la feci franca fino al giorno in cui all’imbarcadero mi trovai a tu per tu con il direttore della scuola, il quale mi chiese dove stavo andando. Naturalmente gli feci vedere una busta (vuota) con scritto sopra un indirizzo ed il mittente del professore dicendo che mi aveva mandato all’ufficio postale... al che mi disse ok. Ma le cose cambiarono quando il lunedi mattina dopo l’appello fui chiamato in direzione a confronto con il suddetto professore e li cominciarono i guai ; 3 giorni di sospensione dalla scuola e una lettera da riportare firmata dai miei. Naturalmente rientrai a casa spiegando a mia madre che causa la nebbia non potevo andare a scuola. Andai in camera mia e firmai la lettera al posto di mio padre. L’indomani stessa musica, nebbia = niente scuola, anche il terzo giorno trovai la scusa della nebbia, ma intanto il postino era già passato e quando ritornai a casa la prima cosa che mamma mi chiese fu : « scommetto che c’è ancora nebbia », risposi di si pensando tra di me, « strano che sia cosi gentile », e li l’apparente gentilezza svani’ perché mi arrivo’ una scarica di botte che quasi quasi ancora me le ricordo, eh si perché il postino aveva portato la copia della lettera che mi avevano dato da far firmare, e mamma esigeva di vederla, il guaio che io l’avevo già firmata imitando la sua firma e la mia paura era che lo dicesse a mio padre, e di lui avevo molta paura perché non mi aveva mai picchiato e pensavo cosa sarà il giorno che me le darà… Invece mamma alla fine, dopo avergli promesso di rigare dritto, non gli disse nulla. Durante l’estate andavamo al mare, ci divertivamo lungo la diga degli Alberoni, andavamo li perché potevamo fare pesca subacquea, con i mezzi che avevamo, perché non eravamo certo equipaggiati da veri sub, io avevo acquistato d’occasione un « polmone autonomo », attrezzatura sub che funzionava in circuito chiuso che permetteva di scendere fino a circa 15 metri e questo per un tempo complessivo fra risalite e immersioni per almeno un’ora e mezza, poi l’ossigeno finiva e bisognava andare negli ospedali per fare ricaricare la bombola di 2 litri di ossigeno e cambiare la calce sodata che serviva da filtro, visto che il sistema era a circuito chiuso. Peró per tutto questo non avevamo i mezzi, allora prendevamo del pesce e lo vendevamo ai ristoranti del posto a metà prezzo del mercato. Naturalmente i quantitativi non erano eccessivi, per cui abbiamo dovuto trovare un altro sistema, ed il sistema lo trovammo grazie al nostro « Von Braun », il quale fabbricó delle bombe subacquee e cosí di pesce ne prendevamo molto, solo che diventammo anche noi dei pesci perché un bel giorno fummo presi di mira dalle pattuglie della vicina Guardia di Finanza, da allora smettemo subito di pescare in quel modo. Tanto per divertirci, e sempre grazie al nostro amico « Von Braun » ci mettemmo a fabbricare dei razzi, convinti di fare concorrenza alla Nasa, e ne abbiamo fatti volare (e scoppiare) di razzi. Avevamo addirittura fabbricato un’ogiva che avrebbe dovuto contenere un topolino bianco et per provare il funzionamento del paracadute che avrebbe permesso alla capsula di « rientrare nell’atmosfera » abbiamo lanciato dalla finestra del settimo piano, il gatto della sorella di « Von Braun » con il paracadute… Non abbiamo più visto ne il gatto ne il paracadute. Questi erano i nostri divertimenti durante l’estate mentre per l’inverno, pur continuando l’Hokey a scuola, mi iscrissi ad un club di speleologia, il « Gruppo Speleologico San marco ». Per me era un vero piacere andare in spedizione nelle grotte del trevigiano, era un’attività molto esigente sul piano dell’energia e mi piaceva molto, era l’avventura ogni qualvolta si usciva in spedizione. Io ero adatto alla prima linea perché molto piccolo, magro e snello per cui ogni passaggio, corridoio o budello da esplorare dove gli altri non passavano entravo in scena io. A volte avevo paura di quello che avrei trovato dall’altra parte, ma non lo facevo vedere ed andavo avanti con la speranza di trovare un altro passaggio o cunicolo che valeva la pena di visitare. Ebbi anche modo di imparare un po’ di alpinismo, grazie ad uno dei membri che faceva parte del CAI (Centro Alpino Italiano), era uno scalatore di sesto grado molto bravo, era lui che ci apriva la strada se cosí si puo’ dire, imparai anche a disegnare la topografia delle grotte, lavoro lungo, fastidioso ma molto interessante, questi rilevamenti topografici servivano per fare poi le pubblicazioni ai musei di storia naturale. Un altra attività in seno al gruppo era la ricerca di insetti e per quello avevamo un collega, Leone, che si occupava solo di quello, non per niente era sopranominato « Coleottero », a me non piaceva sicuramente, le varie bestioline che si trovavano mi facevano senso, quindi le evitavo. Li imparai a prendere delle iniziative, a dover fare delle scelte, ad essere responsabile verso gli altri, imparai ad avere lo spirito di gruppo, l’altruismo e sopratutto a riflettere per non mettere in difficoltà i colleghi.
 
 
Imparai sicuramente a non mettere in difficoltà gli altri senza pensare a me stesso perché un giorno due grandi amici mi chiesero di portarli in una grotta alfine di provare ed eventualmente entrare a fare parte del gruppo e fu cosi che decisi di portarli in una grotta che credevo abbastanza facile per loro. Partimmo un sabato mattina, il 1 settembre 1962 una data che non dimenticai più e rimanemmo nel fondo per 24 ore, ma all’ora di uscire a causa di una serie di errori dei due novizi ed una sottovalutazione della situazione da parte mia, ebbi un grave incidente, una caduta libera da 20 metri; fu solo grazie al mio peso ultra leggero che me la cavai con una bella frattura alla gamba destra, qualche dente rotto, una vertebra fuori posto e tanto spavento. Fui ingessato per oltre due mesi e mezzo e quando mi fu tolta l’ingessatura e dopo le varie terapie di riadattazione, volli ritornare nella stessa grotta alfine di provare a me stesso che non mi spaventava. Naturalmente fui preso per pazzo. Tutto questo prova che non ero ancora abbastanza responsabile dei miei atti. Tutto questo fece anche che quell’anno dovetti cominciare il mio ultimo anno di scuola, fra l’altro molto importante perché era l’anno della qualifica, ma ando’ tutto bene tranne che durante quel periodo a scuola ne combinavo di tutti i colori e rischiai addirittura di essere espulso « quale individuo peggiore di tutto l’istituto ».
Facevamo pagare l’iscrizione ai nuovi arrivati, organizzavamo i battesimi, in classe trovavamo il modo di far saltare la luce, Tutto sommato erano molto severi, severità che oggi non c’è più ma che ci vorrebbe .