1982

 

 

 

1982 - IL RITORNO DEI FIGLI

 

Durante tutti questi anni trascorsi con la mia seconda moglie, la carriera professionale avanzava, da semplice tecnico fui promosso capo officina, poi mi misi in proprio importando macchine da caffè dall’Italia per cinque anni, ma l’azienda diventava sempre più importante e non riuscivo più a controllarla da solo per cui dovevo trovare un collaboratore o tecnico oppure commerciale, ma non si trovava ed io non potevo più continuare, non avevo più giorni festivi, ferie, lavoravo sempre, decisi quindi di chiudere l’attività. Non ebbi alcuna difficoltà vista l’esperienza, per entrare in una azienda dello stesso tipo, fui assunto come capo operaio, rimasi nell’azienda fino al 1982 anno durante il quale decidemmo, grazie ad una offerta di lavoro della Zanussi, di rientrare definitivamente in Italia. E cosí andammo in Sardegna, io lavoravo come tecnico, la Sardegna mi piaceva molto, non c’era paragone con il clima del Belgio, sempre sole, il lavoro mi piaceva e mi dava molte soddisfazioni. Ma anche li le cose cambiarono perché mia moglie pur essendo sarda, non riusci ad abituarsi alla mentalità del posto, era stata via troppo tempo e per lei vivere in Sardegna era come tornare indietro nel tempo, per cui ritornammo in Belgio dopo 6 mesi. Fui riassunto dalla stessa azienda con gli stessi incarichi, ma questa volta se mi volevano dovevano fare di più. Allora mi proposero delle azioni della società, un buon stipendio e interessamento a fine d’anno. Lavorai per loro fino al 1986 mettendo in piedi e dirigendo un servizio assistenza,

 

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per loro dovetti partire in Cameroun alfine di insegnare al personale del posto come montare e riparare le cucine industriali, passai li un mese indimenticabile. Terminammo i lavori in anticipo di una settimana, per cui ebbi modo di fare un safari foto insieme al prefetto della “Benué” una zona bellissima, selvaggia con molti animali che si vedono solo negli zoo, una esperienza indimenticabile. Il personale che avevo a disposizione era molto volontario, io li trattavo bene contrariamente ad altri di altre ditte che li trattavano come bestie. Quando partii tutti mi chiesero l’indirizzo per scrivermi in seguito, infatti ricevetti per alcuni anni diverse lettere da parte di tutta la squadra dove mi raccontavano come procedeva il loro lavoro. Io ero molto fiero di aver lasciato un’immagine positiva di noi italiani.

VIDEO I MIEI PRIMI 20 ANNI  

 

Intanto in azienda le cose non andavano molto bene, in quegli anni la crisi continuava e noi non riuscivamo a progredire, anche perché il servizio commerciale non riusciva a trovare contratti e questo era dovuto alla direzione principale che era rimasta indietro nel tempo, non innovando, essendo ancora della vecchia scuola non riuscivano a progredire e mettersi al passo, decisi allora di cambiare aria.

Nel 1987 fui assunto da una ditta di Anversa, molto bene inserita nel settore delle grandi cucine, cercavano un direttore commerciale per la zona di espressione francese del Belgio e che avesse una buona esperienza del mestiere, tra i 20 partecipanti al concorso di assunzione presso una ditta specializzata in recrutamento, riuscii ad impormi e fu cosí che rimasi con loro fino al 1996, anno durante il quale la direzione generale decise di separarsi dei due direttori commerciali per continuare la strada da soli. Mi ritrovai cosí disoccupato.

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Quei nove anni furono per me anni felici dovuti all’impegno con il quale mi buttavo nel lavoro ma contemporaneamente difficili perché lo stesso anno che fui assunto dalla ditta di Anversa, Marco e Fabrizio, decidettero di venire ad abitare con noi lasciando la madre, ma al momento di partire, Fabrizio ci ripensó e solo Marco venne con noi e dopo di lui anche Diana prese la decisione di andarsene di casa per vivere da sola e contemporaneamente di rilegare con me, perché dopo la separazione con la mia prima moglie, non ho quasi più rivisto i mei figli, lei lo impediva, e nonstante tutte le cause, avvocati e tribunali non sono mai riuscito ad averli.

La difficoltà non era certamente l’arrivo di Marco in casa, anzi io ne ero felicissimo, purtroppo il problema era per la mia consorte, non accettava quello che per lei era un « intruso », abituata a vivere sola con me non doveva dividermi con nessun’altro al di fuori di lei. Cominciai a capire che era molto egoista e li cominciarono i primi problemi di convivenza.

Marco rimanette in casa per circa due anni, poi un giorno mi disse che se ne voleva ritornare dalla madre, ma non per me ma a causa di mia moglie. Per lui era impossibile sopportarla.

E fu cosí che se ne ritorno’ con la madre. Naturalmente le cose in casa andavano di traverso e la nostra convivenza era più che altro una convivenza d’obbligo e d’interesse. Le discussioni non mancavano mai, non c’era più dialogo, c’erano solo confronti, la situazione non poteva continuare.

Nel 1997 visto e considerato che di lavoro non ne trovavo più nonstante le varie domande, decisi di prendere un ristorante riprendendo l’attività di una società esistente, questo in pieno Bruxelles, all’inizio si lavorava poco, infatti il ristorante era sull’orlo del fallimento ed io mi ero messo in testa di rimetterlo in piedi. Dopo varie modifiche all’aspetto del locale, nonché nel modo di lavorare, riuscii à creare un ristorantino italiano dove si poteva degustare la vera cucina italiana, la cucina delle nostre nonne. La clientela aumentava in quantità ed in qualità.

 

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Molte sono le tracce di quelli che sono passati, in effetti il libro d’oro contiene le firme ed i commenti di vari personaggi che siano essi politici, diplomatici, o dello spettacolo. La mia più grande soddisfazione era quella di avere delle prenotazioni con oltre quindici giorni di anticipo, i clienti cercavano sempre di avere nel piatto degli alimenti genuini per i quali dovevo passare degli ordini per tempo.

Io mi cimentavo in cucina, per me la cucina è sempre stata un hobby, e quindi davo libero sfogo all’immaginazione nel presentare i piatti aggiungendo sempre un tocco finale, la mia firma insomma e questo i clienti lo trovavano di loro gusto e l’apprezzavano. Ma tutte le cose anche le più belle hanno un fine et mia moglie non accettava i sacrifici che si dovevano fare per pagare i debiti e un giorno mi disse a bruciapelo « me ne vado, ti lascio ». Forse ho visto in quella frase una liberazione, perché non ebbi nessuna reazione, anzi le chiesi « Quando ? ». Evidentemente essa reagi male alla mia domanda, ma non ci feci caso, aggiunsi semplicemente cosa contava fare con le parti della società e della casa che avevamo acquistato. Lei mi disse che alla fine dell’anno sarebbe venuta per prendersi la parte del beneficio generato dal ristorante e che per la casa voleva che gli pagassi la sua parte. Accettai per guadagnare tempo, per riflettere, per riuscire a convincermi che tutto quello che stava succedendo era realtà e non un sogno. Non era possibile dopo 26 anni di matrimonio che una moglie si comportasse in questo modo, che era con me solo per le cose buone, per interesse. Assalito da una collera dovuta alla rabbia, rabbia dovuta al fatto che lei reclamava delle parti di cose per le quali non aveva mai contribuito perché chi portava i soldi a casa era il sottoscritto, (lei ben poco aveva lavorato e quel poco che portava non bastava nemmeno per lei), lei spendeva tutto in prodotti di bellezza perché aveva paura di invecchiare, Presi una decisione drastica, telefonai al mio ragioniere chiedendogli di preparare il bilancio della società. Avrei dichiarato fallimento. Dichiarai il fallimento il 19 gennaio del 1999, misi in vendita la casa per la somma rimanente da pagare alla banca e poi chiamai mia moglie esclamando « Ecco ora hai le tue parti ». Forse sono stato malvagio, ma non meritava altro. Io sapevo che di lavoro sarei riuscito a trovarne prima o poi, perché non sono il tipo che abbandona e abbassa le braccia facilmente.

Qualche mese dopo ero di nuovo al lavoro come direttore tecnico in una società di cucine industriali, ero ritornato a fare il mio mestiere. Continuai cosi fino alla fine del 2005, quando un’altra opportunità mi si offri in Lussemburgo, li esercitavo in qualità di direttore responsabile dei progetti, e devo dire che mi ci trovavo molto bene.